Fitoussi e i suoi amici (anti-liberisti)

Fitoussi e i suoi amici (anti-liberisti)


Con Joseph Stiglitz e Ned Phelps, colleghi e allievi dell’economista scomparso si sono riuniti nella capitale francese. Per raccoglierne il testimone e proseguire la sua lotta contro il pensiero unico.

Di Miriam Mirolla* – Inviata a Parigi

7 Dicembre. Parigi, una giornata di sole inonda l’Aula Ofce/Sciences Po – Observatoire Francais des Conjunctures Economiques. Gli studenti arrivano alla spicciolata e, con loro, una quarantina di economisti di fama mondiale – tra cui due premi Nobel – riuniti per dedicare un’intera giornata di studi al loro comune amico, professore e collega, Jean-Paul Fitoussi. La giornata è articolata in otto sessioni che, nella loro totalità, permettono di ripercorrere l’intero pensiero di Fitoussi: la prima, introduttiva, è dedicata alle “sfide del pensiero macroeconomico e dell’analisi economica”. La seconda al rapporto tra “politiche economiche e disuguaglianze”. La terza a “economia e scienze sociali”. La quarta sessione è dedicata a “economia e crescita”. La quinta si interroga su “quale politica per la crescita”. La sesta esplora il connubio tra “economia e democrazia”. La settima riguarda il rapporto tra “crescita, inflazione e benessere”. L’ultima, la più emozionante, è “quale politica economica per un periodo di crisi negli Stati Uniti e in Europa”.

Gli studiosi invitati provengono da diverse parti del mondo, principalmente da Francia, Italia, Belgio e Stati Uniti, e a vario titolo lavorano e gravitano intorno a Sciences Po. A testimoniare il profondo collegamento con l’Italia, l’ambasciatrice italiana a Parigi Emanuela D’Alessandro, mentre in rappresentanza della Luiss Guido Carli intervengono l’ex rettore Massimo Egidi e il professore di Economia Marcello Messori; centrale sarà l’intervento di Giovanni Tria, ex preside della Facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata ed ex ministro delle Finanze nel governo Conte I; l’economista Mauro Gallegati interviene online dal Politecnico delle Marche, altra università ben collegata alla linea di ricerca fitoussiana; interviene anche Francesca Pierantozzi, la giornalista con cui Fitoussi pubblica il suo primo libro in italiano, “La Neolingua dell’Economia”. Ma il più visibile e attivo trait-d’union tra Italia, Francia e Usa è senz’altro Francesco Saraceno, direttore aggiunto del Dipartimento degli Studi Ofce. Sarà lui a introdurre autorevolmente Edmund Phelps, premio Nobel 2006.

Jean-Paul era convinto che il mercato può funzionare solo se c’è uno Stato che garantisce un sistema di protezione sociale Tra Roma, Ventotene e Fiesole.

La giornata si snoda su un doppio filo, da un lato attraverso i temi fondamentali dell’economia e dall’altro ripercorrendo il rapporto personale, intellettuale ed emotivo che ognuno di quei professori ha avuto con l’economista nato in Tunisia. Xavier Ragot eredita la presidenza dell’Ofce direttamente da Fitoussi; Mathias Vicherat, attuale direttore di Sciences Po, è stato un suo allievo, come l’attuale ministro della Transizione Ecologica del Marocco, Leila Benali. E così un po’ alla volta, seguendo il racconto parzialmente biografico di ognuno, viene fuori il disegno di una rete di cervelli costruita sapientemente da Fitoussi nel tempo e nello spazio. Emerge anche che la città più nominata nei loro discorsi non è Parigi, Strasburgo, Roma o New York ma, sorprendentemente, Fiesole. È infatti nella Fiesole di fine anni Settanta, in una neonata Eui – European University Institute – The Florence School of Banking and Finance, nella Badia di San Domenico, che l’arrivo del giovane Jean-Paul comincia a segnare una storia di successo.

È a Fiesole che Fitoussi e Phelps diventano buoni amici nel 1984 quando entrambi si ritrovano a insegnare all’Eui. «Lui ed io eravamo diversi – ricorda Ned Phelps – io ero un americano che veniva da un sobborgo di New York, avevo frequentato l’Amherst College ed ero destinato all’accademia americana, mentre Jean-Paul era un tunisino che veniva da La Goulette, aveva studiato all’Università di Strasburgo e avrebbe fatto la sua carriera a Sciences Po. Forse proprio l’estrema differenza delle nostre origini ci rendeva interessanti l’uno agli occhi dell’altro. La nostra interazione a Fiesole e più tardi a Parigi avrebbe portato alla stesura del nostro libro “The slump in Europe”».

Nel 1990, sarà Fitoussi a chiamare Phelps all’Ofce come consulente. I legami intellettuali disegnano un vero e proprio fil rouge nella vita di Fitoussi. Questo metodo di ispirazione umanistico-relazionale vede in Fitoussi fondersi magicamente la cultura delle sue origini nordafricane e mediterranee e lo spirito rinascimentale acquisito grazie alla frequentazione toscana degli esordi, con quei valori fondativi del concetto di Europa che si coagulano tra Roma, Ventotene e Fiesole, dagli anni Cinquanta in poi. Con questo metodo, Fitoussi dà origine a nuovi gruppi di ricerca coagulando intorno a sé cervelli internazionali, compagni di studi che saranno anche i suoi amici per tutta la vita, in una vera e propria “Scuola di Atene dell’economia”, destinata a diffondersi e a ramificarsi nei dipartimenti universitari più importanti del mondo nei decenni successivi e che, soprattutto, metterà radici a Parigi con la creazione di Sciences Po, da lui diretta per ben 21 anni.

Un’aggregazione vincente

È il professor Giovanni Tria, il suo miglior amico italiano, a enucleare sistematicamente i punti di originalità del pensiero di Fitoussi: «Uno dei punti di partenza fondamentali del contributo di Jean Paul al dibattito di politica economica è la continua affermazione che la crescita economica deve essere identificata con la crescita del benessere dei cittadini. Questo implica, secondo Jean-Paul, di cambiare la metrica di misurazione, cioè bisogna guardare non solo al Pil, ma anche a indicatori come il tasso di occupazione, l’istruzione, la salute e in generale il senso di soddisfazione e fiducia nel futuro dei cittadini, che è legato anche al tasso di disuguaglianza della società. La seconda implicazione è che il raggiungimento di questo tipo di crescita non può derivare da politiche che partano dall’ideologia del ruolo del mercato e della concorrenza. Ideologizzazioni che portano a ritenere che la disoccupazione sia in fondo sempre volontaria, da qui l’assenza di un ruolo della politica economica nella lotta alla disoccupazione, o a ritenere che la disoccupazione sia solo il prodotto degli ostacoli posti dalle politiche di protezione sociale, al libero funzionamento del mercato del lavoro, ostacoli che dovrebbero essere rimossi. Al contrario, Fitoussi era convinto che l’economia di mercato funziona solo se c’è uno Stato che garantisce un sistema di protezione sociale». Tria conclude affermando che «Le implicazioni dei miei punti sono una rivalutazione delle politiche economiche, in cui i due obiettivi di aumentare il tasso di investimento e l’obiettivo di inclusione sociale sono riconosciuti non solo non alternativi ma necessariamente collegati, e non solo nella prospettiva di breve termine, ma anche in risposta a una visione di sfide a lungo termine».

Segue l’intervento di Olivier Blanchard, professore di Economia al Mit Massachusetts Institute of Technology), in cui emerge un nuovo momento fondamentale di aggregazione vincente: «Jean-Paul è stato responsabile di una delle più interessanti esperienze della mia vita professionale, la creazione di un gruppo che lui mise insieme, l’International Policy Group dell’Ofce composto da Tony Atkinson, John Flemming, Edmond Malinvaud, Ned Phelps e Bob Solow. Nel 1992 il gruppo era focalizzato sulla riunificazione della
Germania e sulla disinflazione competitiva in Francia. Lunghi giorni all’Ofce di intense discussioni da cui ho imparato molto. Questa esperienza ha definitivamente influenzato la mia carriera, portandomi a tessere costantemente teoria economica e temi politici, col beneficio di entrambi i campi».

Fuori dalla gabbia

Fitoussi si dimostra quindi un regista vincente anche quando il compito più grande e impegnativo della sua vita gli verrà affidato dal presidente francese Sarkozy nel 2008. Per risolvere un problema di credibilità dei dati sull’inflazione da parte dell’opinione pubblica francese, Jean-Paul Fitoussi risponderà a Sarkozy che il tema avrebbe dovuto essere affrontato in termini mondiali, istituendo un gruppo di ricerca interdisciplinare allargato a venti studiosi e da lui coordinato. I risultati di questa nuova misurazione avviata da Fitoussi e dal suo team cominciano a farsi sentire a livello legislativo in vari Paesi del mondo; ad esempio in Italia dal 2016 il Bes, Benessere Equo e Solidale, diventa lo strumento legislativo che permette di monitorare un quadro di benessere attraverso un insieme di indicatori, a cura dell’Istat, a cui i politici in sede di legge finanziaria debbono fare riferimento.

Di fatto, le decisioni di policy del governo vengono orientate per potenziare il benessere collettivo, esattamente come invocato da Robert Kennedy quarant’anni prima. Il libro che testimonia quella ricerca di gruppo si intitola “Misurare ciò che conta”, e sarà pubblicato dodici anni dopo l’inizio dei lavori. Scritto a sei mani con il premio Nobel Joseph Stiglitz e Martine Durand, capo statistico dell’Ocse, anche lei presente al convegno, questo libro esorta a uscire fuori dalla gabbia neoliberista per imparare a misurare altri fattori oltre il Pil. È il momento di Richard Robb, professore di Economia alla Columbia University che nel 2021 ha tradotto in inglese il nuovo libro di Fitoussi, “La Neolingua dell’Economia”. Il neoliberismo mainstream cerca infatti di mascherare gli effetti devastanti di questa economia senza regole utilizzando da anni una vera e propria “neolingua”. Sostiene Robb: «Alcune parole vengono completamente cancellate dal vocabolario: piena occupazione, domanda aggregata, stimolo fiscale, investimenti pubblici, politiche industriali, aumento dei salari. Eravamo soliti parlare di classi sociali o categorie come il proletariato; parole oggi obsolete. La sicurezza sociale, nella neolingua, è un demonio che riduce la competitività. Al loro posto abbiamo le “riforme strutturali” che secondo Jean-Paul possono significare tutto o niente. L’idea, per Jean-Paul, è dimostrare come l’impoverimento del linguaggio porti all’impoverimento del dibattito democratico. Un nuovo vocabolario ha cancellato il keynesianesimo e ha lasciato al suo posto soltanto la teoria neoclassica. Quindi, cancellare parole e fatti storici fa sì che il dibattito converga sul pensiero unico».

Combattente intellettuale

E arriviamo al momento più emozionante e gioioso del convegno. È una versione non professorale ma da “camerade de classe” quella di Stiglitz che, in apertura del suo intervento, ricorda con affetto i momenti passati insieme a Jean-Paul in quelle aule, nei corridoi, nell’ufficio e perfino alla scrivania che lui gli aveva messo a disposizione, a testimoniare la totale compenetrazione umana tra i due economisti.

Credeva che l’economia potesse aiutare a migliorare la nostra società e in essa la vita delle persone. Nel suo acuto intervento, Stiglitz rende merito a Jean-Paul di «aver dato il nome alla commissione, di aver ingegnerizzato l’intero processo e di aver stabilito che ciò che misuri ha impatto su ciò che farai. E che, se non misuri qualcosa, c’è il rischio che quella cosa venga ignorata, così come se misuri cose sbagliate, farai cose sbagliate. Fitoussi porta l’attenzione degli studiosi e dei politici a misurare l’ineguaglianza, la sostenibilità, l’insicurezza e il benessere soggettivo. Tutto questo diventa la base teorica del movimento globale che va sotto il nome di “Beyond Gdp” (oltre il Pil, ndr)». Stiglitz esalta inoltre le qualità di Fitoussi definendolo “intellectual fighter”: «Senza riposo, Jean-Paul ha lavorato per raggiungere gli obiettivi ad ogni livello sia come teorico, sia come praticante, sia come attivista. Lui credeva che la scienza economica potesse aiutare a migliorare la nostra società e in essa la vita delle persone». Stiglitz affronta poi la questione della crisi multipla odierna: «Crisi climatica, crisi della diseguaglianza, crisi pandemica, e adesso, ’aggressione della Russia all’Ucraina che porta a innalzare i prezzi dell’energia e del cibo, generando una crisi di inflazione. Tutto questo provoca la crisi della democrazia, la crisi nella fiducia nelle istituzioni e la crisi di fiducia nel sistema capitalistico e nelle dottrine economiche che hanno guidato la politica negli ultimi anni». Stiglitz è tra i pochissimi a parlare di neoliberismo durante il convegno e a criticarlo frontalmente, proprio come faceva Fitoussi. Ne critica la finanziarizzazione e la globalizzazione e ribadisce che «la politica e l’economia non possono essere separate».

Il convegno si conclude chiaramente con la condanna definitiva da parte di Stiglitz e Fitoussi della dottrina neoliberista.

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