Transition Away?

Transition Away?


Nella prima mattina di oggi 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, sono arrivati lampi di luce dal Cop28 che si è concluso a Dubai con un accordo dal sapore dolce e amaro allo stesso tempo. Nelle prossime settimane i dettagli dell’ambiguo termine “transition away” sarà oggetto di studio ma, fin dalle prime impressioni e a conferma degli investimenti finanziari nel 2022 di 1.400 miliardi di dollari nel fossile, si nota la forte influenza dei paesi produttori di petrolio, gas e carbone nel ritardare quanto più possibile il processo di transizione alle energie rinnovabili.

In un’intervista del 12 dicembre, il prof. Leonardo Becchetti spiega con pragmatismo come la transizione sia già in atto e sia di fatto inarrestabile soprattutto per motivi economici nei processi di produzione di energia. Nonostante l’accordo di Dubai sia stato sottoscritto da tutti i paesi partecipanti, Becchetti esprime inoltre un dubbio sulla reale intenzione e capacità delle nazioni a rispettare gli impegni assunti.

Riportiamo il testo dell’articolo che potete leggere sul sito dell’agenzia di informazione “sir” a questo indirizzo.

Cop28: Becchetti (economista), “il ‘phase out’ di fonti fossili sarebbe una bella notizia. L’impegno di triplicare energia prodotta da rinnovabili è realizzabile”

“Non sono né sorpreso né preoccupato dal possibile epilogo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”. Così Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, commenta al Sir il possibile fallimento della Cop28 a Dubai per quanto riguarda l’uscita definitiva dalle fonti fossili. Nella bozza del documento finale non compare l’addio a carbone, petrolio e gas ma solo la necessità di una loro riduzione profonda. Sarebbe confermata l’indicazione di triplicare la capacità di energia rinnovabile e il raddoppio dell’efficienza energetica al 2030. E tra le tecnologie a zero e a basse emissioni su cui accelerare c’è anche il nucleare.

“Non sono proprio sorpreso – spiega – nel senso che se si organizza la Cop in casa dei Paesi petroliferi è chiaro che l’influenza in quella direzione sarà più forte. Da questo punto di vista è anche preoccupante che la Cop29, la prossima, sarà a Baku, in Azerbaigian, che è un altro Paese leader nelle fonti fossili e il cui monumento più importante sono le Flame Towers, due grattacieli a forma di fiamma, quella del gas e quella del petrolio”. “Ma neanche sono tanto preoccupato”, aggiunge il docente, secondo cui “noi sopravvalutiamo i risultati dei vertici. Sono sì importanti, perché indicano una direzione; però poi quello che conta sono i comportamenti degli Stati, delle imprese e anche quanto i fenomeni meteorologici che viviamo ci spingono in una certa direzione”. “Credo che queste forze continueranno ad esserci”, prosegue Becchetti, rilevando che “il mercato ormai ci dice che le rinnovabili sono di gran lunga il modo meno caro di produrre energia. L’impegno che stanno prendendo i Paesi di triplicare energia prodotta da rinnovabili è realizzabile; questo non perché sarà deciso dall’alto ma perché sarà determinato dal mercato”.

Il “potere del petrolio” che si sta affermando a Dubai e che, in prospettiva, si farà sentire anche a Baku, secondo il docente è “un colpo di coda” dei produttori di energia da fonti fossili perché “in realtà, oggi, il dibattito è concentrato sul fatto che se si possa avere un mondo al 100% di rinnovabili oppure se sia necessario chiudere il cerchio con il nucleare perché l’intermittenza delle rinnovabili è un problema non ancora risolto dalle tecnologie degli accumuli”. “Questo dibattito – precisa – dà per scontata la fine delle fonti fossili”. In queste ore è in corso la maratona negoziale, sugli esiti auspicati Becchetti afferma che “il ‘phase out’ (eliminazione graduale, ndr) delle fonti fossili sarebbe una bella notizia. Il limite di queste dichiarazioni conclusive è che, purtroppo, non esiste un potere internazionale in grado di sanzionare chi non rispetta gli accordi. Abbiamo visto che quando è arrivato Trump e ha decido di uscire dagli accordi di Parigi ovviamente nessuno ha potuto dire nulla”. “Quindi – conclude – in un mondo dove gli Stati sovrani non hanno un potere sovraordinato che li sanziona nel caso di violazione di questi accordi, è chiaro che questi accordi hanno un valore importante ma simbolico”.

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