Quanto è attuale la visione di Comunità di Adriano Olivetti?

Quanto è attuale la visione di Comunità di Adriano Olivetti?


di Agostino Marottoli – 02/02/2024

L’evoluzione sociale ha modificato il concetto di comunità liberandolo dal retaggio dei legami interpersonali forti e della dipendenza ai vincoli territoriali. Grazie alla rapidità e accessibilità delle comunicazioni e al progressivo protagonismo dell’individualizzazione, la società moderna ha sfumato i confini tra persona, relazioni e luoghi sovrapponendo il reale al virtuale, il concreto all’effimero, il connesso al disconnesso. Un riflesso che determina l’identità prêt-à-porter della società liquida, in modalità relazionale usa e getta come un vestito che si può indossare e riporre a propria discrezione.

Come si è passati dall’opposto concetto di “comunità concreta” di Adriano Olivetti a una revisione così profonda delle relazioni di prossimità? Questa è stata, di fatto, la domanda di ricerca che ha condotto lo studio di Pensare Insieme fino all’incontro pubblico del 29 gennaio scorso dove, sullo schermo si sono alternati il prof. Giuseppe Iglieri, il prof. Antonio Calafati, il prof. Paolo Maddalena e, ospite d’eccezione, il dott. Paolo Rebaudengo.

Una analisi del pensiero olivettiano sviluppato quindi dalle diverse prospettive storiche, economiche, giuridiche e sociali con le quali è stata dipinta la tela dell’attuale in ottica di eredità della straordinaria esperienza di Adriano Olivetti.

Il paradigma olivettiano, come ricorda lo storico Giuseppe Iglieri, sviluppa grandi chiavi di lettura che insistono sulla “Visione” di un imprenditore che punta sul benessere della comunità dei lavoratori e lancia un welfare aziendale senza precedenti e, probabilmente, mai replicato; sul “Sogno” spesso confuso con l’utopia di un nuovo sistema politico fondato sulla Comunità, congiunzione di cultura, lavoro e cittadinanza attiva; e sul “Progetto”, il pilastro che dà forma alla visione e al sogno e trasforma, come insegna Simone Weil, il pensiero in azione.

La convergenza della visione, sogno e progetto produce risultati straordinari sul piano sociale ed economico tali da determinare un vero e proprio modello culturale e didattico, capace di formare una intera generazione di “olivettiani inconsapevoli” dalla prospettiva transdisciplinare incastonata nella società e nella ricerca del bene comune. Un modello talmente efficace da risultare fuori contesto globale quindi incompatibile con la prospettiva neoliberista in fieri, al punto da generare un vero e proprio conflitto tra visione individualistica e visione sociale. Un confronto feroce ed arrogante guidato dall’obiettivo dell’oblio, del dimenticare, del “…vietato intitolargli una strada o una piazza o una fontana o un monumento, e neppure una borsa di studio, una scuola, un centro di ricerca, un progetto o un’iniziativa industriale” come testimonia Mario Caglieris dopo la morte di Adriano Olivetti.

Un conflitto ormai sopito che l’economista Antonio Calafati non esita a voler riaprire, proprio per mettere in discussione il paradigma neoliberale che ha estromesso il ruolo della comunità dalla soluzione dei bisogni sociali degli individui preferendo a essa un apparentemente appagante consumismo e competizione.

Riaprire questo conflitto corrisponde, per il giurista Paolo Maddalena, a rinnovare un sogno, un “I have a dream” traducibile in termini manzoniani nel presentarsi “veri, utili e interessanti” quali condizioni essenziali per una convergenza di bisogni, pratiche e relazioni tipica delle comunità. Una ricetta che sta tutta nella tradizione giuridica del diritto romano quando comprende, in un unico tesoro da non perdere, il popolo, il territorio e il demanio inteso come l’insieme delle infrastrutture e dei servizi pubblici essenziali. Lo stesso paradigma ripreso nella Costituzione paladina del concetto di umanesimo integrale proprio del pensiero olivettiano.

La riapertura del conflitto equivale quindi a un appello alla difesa della Costituzione attaccata dalla società della menzogna e della manipolazione responsabile delle enormi disuguaglianze nonché della sostituzione sul piano globale e locale dell’economia dello scambio con l’economia della concorrenza.

Il concetto olivettiano può pertanto rappresentare una soluzione generatrice della prossima epoca sociale?

Mentre il presidente dell’Associazione Olivettiana Paolo Rebaudengo ricorda che esiste un ritorno di interesse al discorso olivettiano specie in ambito accademico, appare evidente che alla base si pone la necessità di una forte e convincente azione pedagogica che permetta di educarsi alla comunità riprendendo il concetto di sviluppo della persona umana attraverso l’interesse comune. Giuseppe Iglieri in tal senso, pone il focus sugli obiettivi di cinque sfide fondamentali in termini di demografia, ambiente, tecnologia, democrazia e società multiculturale alle quali Antonio Calafati aggiunge la necessità di mettere in discussione i fondamenti istituzionali, economici e politici del Paese, anche rimettendo mano ai sistemi locali per garantire la rappresentanza e riprendere la partecipazione.  Argomentazione quest’ultima ripresa da Paolo Maddalena che, a proposito di essere veri, utili e interessanti, sollecita a far valere la Costituzione dove “c’è scritto tutto”.

Un riflesso interessante di queste considerazioni consiste nell’attualizzazione del paradigma olivettiano in ottica di sviluppo sostenibile. Seppur la dimensione ambientale non sia stata trattata – ma meriterebbe un approfondimento – è interessante osservare come le sfere economiche e sociali furono significativamente impattate da un generale sviluppo di benessere collettivo e di numeri in bilancio. Se per i lavoratori era solito riferirsi al sistema fabbrica-sociale con l’appellativo di “Mamma Olivetti”, a trarre beneficio dal benessere dei dipendenti e del territorio fu soprattutto il profitto generato dall’impresa “integrale” socialmente capace: un modello che sposa alla perfezione un buon numero di obiettivi dell’Agenda 2030.

Vale quindi la pena di pensare seriamente al modello Olivetti per la costruzione del futuro? Il dibattito è aperto.

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